Oggi parliamo di un mito che da sempre ha un ruolo di primo piano nei racconti popolari e nella letteratura horror/fantasy: l’uomo lupo, lupo mannaro o licantropo. Sì, avete capito bene: uomini che riescono a mutare in lupi o qualcosa di simile.

Questo temibile predatore è stato citato nei libri di illustri storici dell’antichità come Erodoto (484-425 a.c.) e Plinio il Vecchio (23-79 d.c.)  oltre che da celeberrimi poeti come Virgilio (70-19 a.c.) e Petronio (27-66 d.c.). Ma loro sono solo alcuni dei tanti scrittori che hanno trattato l’argomento nei secoli, infatti questo misterioso personaggio che siamo abituati a vedere al cinema, è presente nel folklore di tutti i popoli: da quelli primitivi ai norreni, dall’antica Grecia alla moderna Inghilterra.

E noi pugliesi cosa c’entriamo con questo individuo dal folto vello? Secondo Ovidio la figura del lupo mannaro è strettamente legata alla Puglia, perché coinvolge Licaone sovrano dell’Arcadia e padre di quel Peucezio che ha dato il nome al popolo che per primo si è stanziato sul territorio pugliese. Secondo il poeta romano, il buon Licaone irritò Giove per la sua mancanza di rispetto e fu maledetto con tutta la sua discendenza. Così Ovidio ne descrive la trasformazione nei versi del I libro del Le Metamorfosi:

Atterrito fugge e raggiunta la campagna silenziosa
lancia ululati, tentando di parlare. La rabbia
gli sale al volto dal profondo e assetato come sempre di sangue
si rivolge contro le greggi e tuttora gode del sangue.
Le vesti si trasformano in pelo, le braccia in zampe:
ed è lupo, ma della forma antica serba tracce.
La canizie è la stessa, uguale la furia del volto,
uguale il lampo degli occhi e l’espressione feroce.

I racconti riguardanti i lupi mannari però non si esauriscono qui. A Bari, Cassano, Conversano, Molfetta, Bitonto, Rutigliano, Manfredonia, Lecce, Brindisi e non solo, la figura del “lupomine”, “lupomino” o “lepòmene” (dipende dal dialetto) lascia ancora oggi il segno nell’immaginario collettivo. Non è raro ascoltare i racconti degli anziani che parlano di questi ambigui personaggi che con i loro ululati spezzavano il silenzio notturno.

Ma chi è il lupomine? La tradizione vuole che i bambini nati nella notte del 24 e 25 dicembre siano maledetti, perché si ritiene una sorta di sacrilegio venire al mondo la notte dedicata alla nascita di Gesù Cristo. Queste povere anime, che in alcune storie sono anche fornite di una piccola coda, se non vengono “curate” e liberate dalla maledizione in tenera età, grazie a rituali “magici-religiosi” che, a seconda del paese, vanno da un’invocazione notturna a una vera e propria tortura con tizzoni ardenti, nelle notti di plenilunio sono assaliti da un irrefrenabile bisogno di lasciare la propria casa e di andare in strada ad ululare alla luna. Presi dalla follia in alcuni casi arrivano anche ad aggredire gli ignari passanti. Chiaramente, cambiano aspetto, camminando alle volte a quattro zampe come lupi e altre in posizione eretta.

Il folklore vuole però che al sorgere del sole, la crisi passi e “u lepòmene” torni umano, ritrovando il suo aspetto e il suo equilibrio mentale, in alcuni racconti, grazie anche a un semplice bagno in acqua fredda che fa sparire ogni bollore notturno.

In agro di Bitonto…
… c’è una piccola costruzione del XVII secolo…
… chiamata “Torre del Lupomino”

In agro di Bitonto, c’è una piccola costruzione del XVII secolo chiamata “Torre del Lupomino” che ricorda questo mito e in anni recenti in Puglia ci sono stati diversi “strani avvistamenti”. Ma questa è un’altra storia che forse un giorno vi racconteremo…


In copertina: incisione del XIX secolo Dalla Mansell Collection, London.

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Giornalista pubblicista, da anni collabora come redattore, fotoreporter e social media manager per testate giornalistiche on-line. Persona curiosa e intraprendente, ha coltivato negli anni diversi hobby.

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